Consiste in una condotta di discriminazione indiretta, ex art. 2, co. 3, L. n. 67/2006, rifiutare il tesseramento nella categoria agonistica di un atleta con disabilità psichica che è stato dichiarato idoneo alla pratica sportiva agonistica con certificato medico ex DM 18.02.1982.
Così si è pronunciata la Corte D’Appello di Torino con la sentenza n. 507 del 7/05/2024, confermando l’ordinanza n. 13.02.2023 del Tribunale di Biella di accoglimento del ricorso di un atleta con “disturbo pervasivo dello sviluppo”, che chiedeva la cessazione della condotta discriminatoria della Federazione Ciclistica Italiana.
L’atleta ricorrente riteneva, infatti, fosse discriminatorio il rifiuto di tesseramento nella categoria agonistica “Junior Sport”, nonostante il possesso del certificato di idoneità alla prestazione sportiva.
Dunque, secondo la pronuncia della Corte d’Appello di Torino gli organismi sportivi hanno l’obbligo di tesserare l’atleta con disabilità psichica che non necessita di alcun adattamento per partecipare alle gare e viene dichiarato idoneo alla pratica sportiva agonistica dal medico dello sport.
Nel caso di specie, è anche stata ritenuta irrilevante, ai fini dell’obbligo della FCI di tesserare il suddetto atleta, l’esistenza di un protocollo di intesa per regolare l’attività sportiva degli atleti con disabilità tra FISDIR (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo-Relazionali) e FCI.
A margine di questa pronuncia dovrebbe essere aperta una riflessione sulle modalità con cui rendere possibile l’allenamento e la partecipazione alle gare degli atleti con disabilità psichica giudicati idonei alla pratica sportiva agonistica.
Chi si dovrebbe occupare della preparazione atletica?
I tecnici dovrebbero seguire un corso di formazione o essere affiancati da uno specialista?
Si puntualizza in ultimo che, nonostante la questione riguardi il tesseramento di un atleta, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario civile, ai sensi dell’art. 44 del D.lgs. n. 286/21998 e dell’art. 28 del D.lgs. n. 150/2011, perché la questione riguarda un diritto assoluto leso da un atto discriminatorio.